Eni punta sui dati. Dai big ai relevant data, come cambiano gli asset e la comunicazione aziendali
Eni: una data driven company. Dalla ricerca dei nuovi giacimenti allo studio della rete fino all’analisi degli investimenti, tutto passa per i dati. Il petrolio del XXI secolo.

Eni punta sui dati. Dai big ai relevant data, come cambiano gli asset e la comunicazione aziendali

Marco Bardazzi, Direttore Comunicazione Esterna Eni: “Una metafora riesce a spiegare molto bene il nostro progetto. Per comunicare meglio non bisogna avere un megafono più grosso, ma un orec

L’azienda
Eni opera in 71 Paesi con circa 33.000 donne e uomini che lavorano per la società in tutto il mondo. È una delle major globali del settore Oil & Gas e, al 31 marzo 2018, la market capitalisation dell’azienda era di 64 miliardi di dollari.
Eni è costantemente tra le prime 100 aziende della lista ‘Fortune Global 500’ che le ordina in base ai ricavi. Il core business si articola dall’esplorazione, produzione, raffinazione e commercializzazione di oli & gas, sino al mercato retail dell’energia e la chimica.
Eni è un'impresa dell'energia. Lavora per costruire un futuro in cui tutti possano accedere alle risorse energetiche in maniera efficiente e sostenibile. Fonda il suo lavoro sulla passione e l'innovazione. Sulla forza e lo sviluppo delle sue competenze. Sul valore della persona, riconoscendo la diversità come risorsa. Crede nella partnership di lungo termine con i Paesi e le comunità in cui opera.
L’innovazione tecnologica rappresenta una leva fondamentale per raggiungere gli obiettivi e porre le basi per il futuro: Eni affronta ogni giorno nuove strade, persegue l’efficienza in ogni attività, valorizzando al meglio le risorse finanziarie ed energetiche.
Eni vuole assumere un ruolo di leadership nel processo di transizione energetica e nel percorso di decarbonizzazione, che è uno dei pilastri su cui si basa il modello di business, per garantire una sostenibilità di lungo termine verso un futuro low-carbon. Eni è l'unica azienda tra i peers del settore Oil & Gas a far parte della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) del Financial Stability Board che a fine giugno 2017 ha pubblicato delle raccomandazioni volontarie per favorire una comunicazione esaustiva delle implicazioni finanziarie legate al cambiamento climatico.
So
La combinazione di gas naturale e rinnovabili è la soluzione che Eni persegue per eliminare l'impiego delle fonti fossili maggiormente inquinanti, come il carbone. Gli sviluppi dei progetti in Egitto, Mozambico, Ghana e Indonesia confermano l’impegno in questa direzione. I progetti a gas di Eni sono convenzionali: i più resilienti in uno scenario low-carbon.
Accanto al gas naturale, i progetti per la produzione di energia rinnovabile assumeranno un peso sempre più importante nel portafoglio dell’azienda, impegnata nella ricerca in questo settore da oltre 35 anni, utilizzando tutto il know-how per nuove e sempre più efficienti tecnologie.
Per tutelare l’ambiente e ridurre le emissioni, è necessario intervenire non solo sulle emissioni: serve entrare in un nuovo modello di conservazione dell’energia che abbia al centro l’economia circolare e dia vita non solo a una riduzione degli sprechi, ma anche a una minore necessità di materie prime. Eni ha investito in tecnologie che permettono il recupero dei rifiuti e degli scarti urbani e industriali, trasformando la raffinazione e la chimica puntando su produzione bio e circolarità.


L’idea in breve
Nel 2016 nasce Eni Data Lab allo scopo di contribuire alla realizzazione di una strategia di data driven communication. All’interno del Data Lab vengono utilizzati strumenti e metodologie di data analysis volti a conoscere in maniera sempre più approfondita i numerosi stakeholder di Eni, tramite l’ascolto e l’analisi dei big data. Vi è dunque l’integrazione all’interno di un datalake delle fonti dati esterne – dai social media, alla press-online, a tutto il mondo Web – e delle fonti interne all’azienda, al fine di scoprire insight utili per orientare le attività di comunicazione, misurandone l’efficacia e guidando la produzione di contenuti specifici: una funzione sotto la direzione comunicazione, con l’obiettivo di sviluppare la cultura dei dati proiettandola negli scenari della comunicazione, nell’ascolto e nella misurazione del mondo digitale. Qui vengono applicate le moderne tecniche di data analysis, per creare modelli predittivi che si basano sul machine learning e sull’intelligenza artificiale.
All’interno del Data Lab si svolge anche attività di data science, che vede lo sviluppo di tecniche di data visualization e algoritmi di machine learning, specifici per analizzare i temi di interesse per Eni e per i propri stakeholder, per rilevare le community di riferimento e per supportare l’attività di content strategy.
Il distillato della data analysis confluisce nel Reputation Lab, una piattaforma di misurazione della reputazione aziendale, che integra i dati provenienti dall’ascolto in real time del mondo online, dalle ricerche di mercato e dai sistemi di monitoraggio di 60 funzioni Eni su 16 paesi. L’ambizione del Reputation Lab è quella di realizzare degli indicatori di prediction sulla base dell’apprendimento degli algoritmi sviluppati nel Lab.


Il contesto
Storicamente Eni è sempre stata un’impresa all’avanguardia anche nel campo della comunicazione, che ha sempre cercato di governare e gestire attivamente.
Oggi Eni interpreta i complicati tempi dell’Infosfera cogliendo tutta l’importanza dei nuovi media e del processo di disintermediazione che stiamo vivendo, diventando a tutti gli effetti una data driven company. Sono i dati a guidare, non soltanto la parte di business naturale, ma anche quella di comunicazione che si va a integrare con precise strategie di content come una vera e propria media company.
Il core business di Eni è da tempo legato alla gestione dei dati, è infatti tra le migliori Energy company nella ricerca di fonti fossili per cui utilizza un centro di gestione dati con un enorme potenza di storage e di calcolo. Tutta questa struttura rappresenta anche il cuore tecnologico del progetto comunicazione.

L’esigenza
L’idea di utilizzare i big data per migliorare la comunicazione è nata circa tre anni fa con la creazione, come fosse una start up, di un gruppo di lavoro legato alla comunicazione esterna.
In una prima fase si è creato uno stream di ascolto in grado di captare tutto quanto parli di Eni. Tutto a prescindere dalla fonte, siano social, press online o cartacea, fonti a pagamento, tv, radio, dati finanziari e meteorologici.
Tutto quello che viene detto viene diviso in ontologie di ascolto, per esempio economia circolare, petrolio e gas, rinnovabili, digitalizzazione ecc. Ogni tema viene analizzato per capire quali siano i trend in corso, quali gli argomenti di cui si parla di più, o di meno.
A questo punto viene poi attivata la parte di social listening per capire chi stia parlando di una certa cosa, quali siano le comunità coinvolte quali i veri influencer (ruolo che prescinde dal numero di follower, ma non dalla capacità di mettere in connessione mondi diversi), si analizzano le reti sociali e le capacità di fare da ponte tra le diverse comunità e i diversi media.
A questo livello è molto interessante capire l’effettiva capacità di penetrare e di diffondere il messaggio dei singoli account/gruppi.
Alcuni sono autoreferenziali, parlano tra loro e non hanno alcuna capacità di entrare nel centro del sistema mediatico, né di entrare in contatto con gli stakeholder di Eni.
A seconda del peso e della capacità di penetrare i media che un dato messaggio ha, si struttura la risposta, che può anche essere una non risposta, per evitare di portare un messaggio “debole” al centro della “piazza mediatica”.
In ogni caso tutto questo processo è interessante anche perché è una base statistica che può aiutare a capire come destinare le risorse a disposizione della comunicazione.
In pratica aiuta a costruire strategie matchando con dati oggettivi la capacità di penetrazione dei canali, le risorse a disposizione e gli obiettivi ricercati.
    
La misurazione
Questo dà il via alla fase di misurazione dell’efficacia della comunicazione.
Per questo si stanno addestrando tre algoritmi di machine learning per scopi specifici e pensati per produrre visualizzazioni (dashboard - cruscotti) che ancora non esistono. In questo caso il compito di questi algoritmi è quello di riuscire a leggere e analizzare tutti media proposti capendo argomento per argomento quale sia il sentiment e quali le reazioni di tutti gli stakeholder interessanti (ONG, comunità locale, mondo del business, ecc.) e sulle diverse componenti di Eni.
La dashboard operativa costruita ad hoc da Eni ha proprio il compito di avvertire i rispettivi referenti in Eni per dare loro degli alert e avvertirli di quanto sta succedendo, sottolineando i trending topic, chiarendo per esempio chi dice cosa e chi sta crescendo come capacità di influenza.
Un altro livello strategico è quello che suggerisce di quale tema parlare, quando farlo e quale canale utilizzare: rinnovabili gas/pannelli solari, economia circolare o sostenibilità e quant’altro. Il tutto fatto non più secondo sensibilità o conoscenze personali, ma attraverso strategie basate su informazioni precise e condivise.

La visualizzazione delle informazioni
Dal punto di vista della richiesta interna le principali soluzioni di visualizzazione dati (quelle standard già sul mercato) vanno bene per pochi settori di Eni, la maggior parte invece va realizzata ad hoc sia dal punto di vista della grafica, sia dei contenuti, creando precise KPI che sul mercato non esistono.
L’esternalità positiva è quella di acquisire delle competenze che potenzialmente potrebbero essere rivendute come servizi in un secondo momento (data la mole di dati analizzati e le competenze acquisite, Eni potrebbe pensare di metter questo centro di comunicazione sul mercato e vendere servizi).

Come Comunicare
Il passo successivo vede un ulteriore potenziamento della componente di Intelligenza Artificiale, mettendola a fattor comune con altre realtà di Eni che già ne fanno largo uso (es. le analisi geologiche). In particolare si va nella direzione del reinforcement learning, per utilizzare algoritmi in grado di comprendere il tono dei contenuti (es. livello di empatia) ed analizzare l’attitudine di un’audience, suggerendo dei match che massimizzino la probabilità di gradimento del contenuto in questione. Il passaggio chiave in questo senso è passare dai big ai relevant data in modo da riuscire a calibrare la comunicazione anche nei modi e nei toni, cioè nella qualità, in funzione di quello che si vuole dire e al pubblico che si vuole raggiungere.

La reputazione
L’ultimo livello d’azione comporta la trasformazione di tutto quanto si sta facendo in termini di reputazione. Entra qui in scena il Reputation Lab in cui sono coinvolte anche 60 funzioni Eni a cui sono chiesti dati sui loro argomenti di riferimento a cui sono aggiunte anche le indagini di mercato e mixate percezioni interne ed esterne sui temi.
Questo forse rappresenta l’aspetto più interessante del progetto comunicazione di Eni.
La rottura sta nell’inserire la reputazione non solo negli asset dell’azienda, cosa che per esempio Mattei aveva già capito con il Giorno, ma anche nella progettazione di ogni azione industriale.
Questo vuol dire sostanzialmente dare un valore economico alla reputazione e inserirla nei progetti considerandola un parametro di pari valore rispetto agli altri fondamentali economici.
Il progetto prevede due step: riuscire a emettere degli early warning per evidenziare come un certo rumore in rete possa essere prodromico di un problema o al contrario una opportunità reputazionale. Attorno al 2020 si dovrebbe riuscire a costruire un sistema predittivo capace di dare percentuali sulla possibilità che certe azioni si verifichino (inserendo, oltre a tutta la mole di dati di cui si è già parlato, le statistiche di come si è mosso il flusso di comunicazione nei precedenti cinque anni).
Alla base c’è l’idea centrale secondo la quale l’azienda nell’impostare strategie di content non debba più reagire a fattori esterni, ma debba creare contenuti, essere propositiva. In questo senso la reputazione è un valore che, in momenti di crisi aiuta a difendersi, rallenta la forza con cui le informazioni circolano incontrollate. È una sorta di barriera che va costruita nel tempo.

Il coinvolgimento di Eni
Questo processo che ha coinvolto molte funzioni interne le ha anche sollecitate e ha suscitato molto interesse, tanto che molti vogliono aprire lo strumento anche sulle loro funzioni, non solo per capire quale sia la loro reputazione, ma anche per capire come gli altri hanno affrontato determinati problemi. Fino ad arrivare alla futura possibilità di realizzare delle what if analysis e quindi prepararsi alle crisi testandole.   
Marketing, finance, sostenibilità e anche la parte upstream (core business di Eni) si stanno muovendo in questo senso. In particolare chiedono, per esempio di “ascoltare" una serie di tecnologie innovative per vedere quali sono i posti e le comunità scientifiche in cui se ne parla di più, per capire poi che tipo di reazione suscitano. In sostanza, per esempio, potrebbero chiedere di testare quali sono gli effetti che provocherebbe testare certe tecnologie in certi luoghi su tutti gli stakeholder che Eni deve tenere presente.

L’investimento
La parte tecnologica dell’investimento è condiviso con il centro di ricerca di ENI Eni che lo utilizza principalmente per la ricerca dei giacimenti.
A livello di persone, anche qui, la maggior parte è coinvolta in più progetti, tra esterne e interni ne sono coinvolte circa 50 tra IT, analisi dati e grafici, comprese le cinque impegnate a tempo pieno nel Data Lab. Inoltre nel recupero dati e nella costruzione del Reputation Lab sono coinvolte più di 120 persone su 16 paesi nel mondo.

Prossimi passi
Si stanno poi elaborando altre forme di collaborazione: si addestrano infatti i primi algoritmi di riconoscimento immagini basati su deep learning che ricercano logo Eni ovunque esso sia in rete, questo per essere avvertiti in caso di “uscite” non controllate. Allo stesso modo questi algoritmi possono essere arricchiti in modo che possa riconoscere anche strutture Eni ed eventuali incidenti in impianto. In questo modo, per esempio, i droni potrebbero essere utilizzati per il monitoraggio degli impianti per riuscire a distinguere le emergenze dalle situazioni standard e poter capire se immagini provenienti dalla rete sono vere e rappresentano, o meno, un problema.
In questo senso monitoraggio e comunicazione si integrano, sempre per essere pronti, perché può capitare che dal Congo arrivi un tweet prima alla rete che in sede dal momento che il flusso di gestione delle informazioni di una multinazionale è molto più complesso e lento. Riuscire a capire di cosa si tratti in tempo reale risulta fondamentale per fronteggiare le emergenze.







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