Quel raro vitigno di Malvasia bianca toscana salvato dalla scomparsa grazie al trapianto
La Fattoria Petronio ha iniziato un'opera di selezione e recupero che sta dando prodotti molto apprezzati all'estero

Quel raro vitigno di Malvasia bianca toscana salvato dalla scomparsa grazie al trapianto

Diana Lenzi: “Mani in cantina e testa in ufficio. Questo il segreto dei nostri prodotti”

L’idea

Produrre un vino di qualità oggi non è solo un'esigenza commerciale, talvolta si avvicina quasi ad essere una missione spirituale, e di riscoperta. Come accade nella Fattoria Petroio, provincia di Siena. Dal 2008 l'azienda vitivinicola sotto la guida della giovane Diana Lenzi ha dato il via ad un'opera di recupero di alcuni vitigni antichi di cui ormai, in Toscana, si contano solo più pochi sopravvissuti. A questo si accompagna anche un progetto di espansione e diversificazione del prodotto che all'estero è stato accolto molto positivamente.

Passaggio di consegne

Quando nel 2008 Diana Lenzi subentra ai propri genitori nella guida dell'azienda, porta con sé idee nuove e un diverso approccio. La “nuova” padrona di Fattora Petroio non si cura solo dei terreni e della qualità dei prodotti, ma anche dell'accoglienza dei clienti contribuendo così a far tornare borgo di Petrojo una frequentata meta turistica. “Il mio motto è mani in cantina e testa in ufficio”, racconta Diana che, ovviamente, si occupa dei prodotti anche per ciò che riguarda la parte commerciale. “È il modo migliore per dare un impulso concreto allo sviluppo di un'azienda familiare”. Già da qualche tempo prima del suo arrivo era però in atto un processo di perfezionamento dei 15 ettari di vigna a disposizione: progressivamente ogni filare è stato reimpiantanto. Il rifacimento ha toccato tutti i vigneti tranne uno, ed è proprio lui uno dei protagonisti di questa storia.

Il filare sopravvissuto

“Quella vigna risaliva agli anni 60' e, per quanto poco fosse curata, era quella che dava sempre il vino migliore”. La varietà del vitigno però è un mistero. C'è chi sostiene sia addirittura un San Colombano “illegale” in Toscana: Diana Lenzi decide di andare a fondo e grazie all'aiuto di alcuni esperti scopre trattarsi di una rara Malvasia bianca toscana. Una varietà quasi scomparsa e da tutelare. Parte allora l'opera di salvaguardia delle viti e con la collaborazione di uno dei più grandi esperti toscani nel settore, l'enologo Carlo Ferrini, si decide di selezionare le più sane e trapiantare i tralci su un piede americano (rendendole in tal modo resistenti alla filossera).

Oggi con le uve prodotte dal nuovo vitigno “recuperato” si sta valutando la produzione di nuove varietà vinicole da proporre al grande pubblico, oltre ai tradizionali Chianti classico e riserva che toccano quota di quasi 40 mila bottiglie l'anno.

Quando il vino si unisce al cibo

I prodotti della Fattoria Petroio sono molto apprezzati, soprattutto all'estero dove i più importanti distributori sono situati negli Stati Uniti, Cina e Giappone. E dove Diana Lenzi, che nel proprio curriculum annovera anche una lunga esperienza da chef, ha trovato un format molto accattivante per presentare le nuove annate vinicole: una degustazione che abbina i vini dell'azienda di famiglia a piatti tipici del territorio che quella tradizione condividono. Più limitato è invece il successo e la diffusione nel nostro Paese. Tanto che dei circa 200 mila euro di fatturato annuale, rispetto all'estero, l'Italia ricopre una piccola parte.

L’azienda

La Fattoria di Petroio sorge in una rinomata località di origine romana. L'azienda viene gestita dalla famiglia Lenzi fin dalla fine del Settecento quando i terreni limitrofi, costellati da numerosi casolari in abitavano i contadini mezzadri, erano ancora per lo più coltivati a grano e olivi. Già negli anni 80' la famiglia Lenzi entra a far parte del consorzio del Chianti classico e ora a guidare l'impresa è Diana che nel 2008 ha preso il posto dei suoi genitori.

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